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ciao raga...in questo blog vi scriverò cio che faremo nelle ore di scuola soprattutto in quelle di informatica...spero che venga bene e che vi piaccia...


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mercoledì, novembre 05, 2008

Quando in Italia sono le 5.47, Barack Obama sale sul palco del Grant Park di Chicago, con la moglie e le figlie: “Se c’è qualcuno che ha ancora dei dubbi che l’America sia un posto dove tutto è possibile, ebbene questa sera ha una risposta”. Inizia così il primo discorso del 44mo presidente degli Stati Uniti d’Amercia, Barack Obama. “Il cammino davanti a noi sarà duro” e per questo ci “sarà bisogno di stare uniti” contro le avversità. Dopo avere citato Abraham Lincoln, dell’Illinois come lui, il neo-eletto presidente degli Stati Uniti ha lanciato un appello all’unità di tutti gli americani.Davanti ai suoi sostenitori, oggi a Chicago, Obama ha detto rivolgendosi anche ai repubblicani, con le parole dello stesso Lincoln, ‘’non siamo nemici, ma amici'’, per poi aggiungere: ‘’ascolterò la vostra voce, ho bisogno del vostro aiuto, sarò anche il vostro presidente'’.
John McCain quando i risultati degli exit poll sonodiventati attendibili, ha telefonato a Barack Obama e si è congratulato per la vittoria. Quando le proiezioni dei principali network infomativi statunitensi assegnano la vittoria al candidato democratico e John McCain, ringraziando i suoi sostenitori a Phoenix, in Arizona, saluta il nuovo presidente degli Stati Uniti con un discorso di grande fair play. “A lui vanno il mio riconoscimento e la mia lode, e mi dispiace che sua nonna non sia vissuta abbastanza per gioire in questo giorno. Chiado a tutti i miei elettori di offrire al nuovo presidente tutto il sostegno per cercare di annullare le nostre differenze e cercare di offrire ai nostri figli e ai nostri nipoti un mondo migliore di quello in cui siamo vissuti”.
A spegnere i sogni di rimonta del partito repubblicano, che comunque tiene nelle sue roccaforti tradizionali come il Texas, è l’affermazione di Obama in Pennsylvania, uno degli Swinging State e in California. Quando poi la Fox, la televisione vicina a McCain, segnala una probabile vittoria del senatore afroamericano anche in Ohio, coi suoi 20 voti elettorali e la sua tradizione di termometro degli umori elettorali, i dubbi sembrano ormai sciolti: per McCain e per tutto il partito repubblicano si profila una disfatta di dimensioni storiche, simile a quella che subirono forse i democratici dopo la vittoria di Ronald Reagan quasi trent’anni fa. Paga, McCain, anche gli errori dell’amministrazione Bush e la crisi finanziaria che ha messo tra parentesi la questione, centrale negli ultimi anni, della guerra contro l’estremismo islamico. Una questione su cui il senatore dell’Arizona era ritenuto più credibile del rivale dalla maggioranza degli americani.
I voti per il senatore afroamericano vengono da Vermont (3), Connecticut (7), Delaware (3), Distretto di Columbia (3), Illinois (21), Maine (4), Maryland (10), Massachusetts (12), New Hampshire (4), New York (31), Wisconsin (10), New Jersey (15), Pennsylvania (21), Iowa(7). Quelli per McCain da Georgia (15), Texas (34), Kentucky (8), Wyoming, North Dakota, South Carolina (8), West Virginia (5), Alabama (9), Tennessee (11), Oklahoma (7), Arkansas (6), Kansas. A far pendere l’ago della bilancia a favore del senatore dell’Illinois, nelle ore più incerte, è stata però la devastante vittoria di Obama in Pennsylvania, lo Stato di ‘Rocky’ e de ‘Il Cacciatore’. E tutto questo nonostante l’incredibile impegno di denaro e di tempo profuso dall’eroe del Vietnam. Era stato lui stesso a fare di questo Stato la base della sua strategia per rimontare, la sua linea del Piave. Era l’unico grande Stato dove Kerry aveva vinto nel 2004: ‘’Se non vinciamo lì non possiamo vincere le elezioni'’, avevano ammesso nei giorni scorsi i consiglieri di McCain e della sua vice Sarah Palin. Tutto come previsto. Obama è il primo afroamericano a varcare la soglia della Casa Bianca. La democrazia americana ha aperto una nuova pagina di storia. Resta da vedere, in chiave politica, se i democratici riusciranno a conquistare anche i sessanta seggi senatoriali necessari per avere la maggioranza assoluta in entrambi i rami del parlamento. Non succedeva dai tempi di Franklin Delano Roosvelt.

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